Vladimir Rancic, di origini serbo-croate, è nato a Evry in Francia e poi si e trasferito in Istria, in Croazia.
Ad un certo punto della tua vita hai incominciato ad occuparti di elettrofisiologia, quando precisamente?
Quando ho cominciato a fare la tesi presso il laboratorio della prof. Laura Ballerini all’Università di Trieste, lei mi ha trasmesso la passione per le neuroscienze e l’elettrofisiologia, quindi ho deciso di svolgere, oltre alla mia tesi di laurea, anche il dottorato di ricerca.
Che cos’è che ti ha conquistato, che ti ha fatto decidere?
Il fatto di poter vedere il comportamento neuronale in tempo reale grazie a degli elettrodi direttamente connessi alle cellule nervose. La ricerca per la comprensione del funzionamento del sistema nervoso é un campo che mi ha sempre affascinato.
Poi come è continuato il tuo lavoro?
Dopo il dottorato di ricerca con la con la prof. Laura Ballerini ho vinto un post-dottorato al Trinity College a Dublino con il prof. Daniel Urlich dove mi sono occupato dello studio dei meccanismi coinvolti nell’apprendimento e nella formazione della memoria. Più precisamente ho studiato la plasticità sinaptica al livello della corteccia cerebrale (corteccia somatosensoriale) e i meccanismi che stanno alla base nel processo di formazione della memoria.
Anche in quel laboratorio studiavi i neuroni?
Sì, infatti gli esperimenti venivano svolti su preparati di corteccia cerebrale dove, applicando sempre l’elettrofisiologia, il Patch Clamp insieme ad un’altra tecnica chiamata il calcium imaging (imaging al calcio), stimolavo una regione particolare della corteccia cerebrale e registravo la trasmissione del segnale elettrochimico. Il segnale si propagava attraverso le sinapsi (punto di contatto tra i diversi neuroni) e giungeva a una classe di neuroni chiamati neuroni piramidali. In questo modo riuscivo a studiare la trasmissione dei segnali elettrochimici e come cambiavano applicando stimolazioni di tipo diverso…
Con il calcium imaging invece si riusciva a monitorare il rilascio del calcio all’interno dei neuroni in quanto il calcio è fondamentale nei meccanismi di plasticità sinaptica e quindi nella formazione della memoria.
Oltre a studiare i neuroni hai imparato a bere birra e a frequentare pub favolosi?
Dublino e bellissima, la gente e molto cordiale e si possono incontrare persone di qualsiasi nazionalità, la birra e buonissima. Ci sono posti e luoghi molto suggestivi, l’unico punto a sfavore é la pioggia, odiata persino dagli irlandesi stessi.
E’ per questo che bevono tanto?
Potrebbe darsi, o potrebbe essere anche un modo per socializzare. Del resto da un paese il cui simbolo é stato preso da una marca di birra ci si dovrebbe aspettare qualcosa del genere.
Qual è il piatto tipico dell’Irlanda?
In Irlanda si consuma molto il pesce, le patate e i prodotti derivanti dal latte. Penso che il fish and chips sia tra i primi posti. Poi ho avuto anche modo di assaggiare una sorta di bollito a base di patate, carne e verdure che va mangiato con il soda bread, un tipico pane irlandese.
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In quanti eravate in laboratorio?
Nel laboratorio eravamo io ed il mio professore e lavoravamo su due microscopi diversi.
E dopo un anno hai deciso che per te quell’esperienza si era conclusa?
Il progetto di cui mi occupavo in Irlanda era più un progetto di ricerca di base e, anche se la ricerca di base e importantissima, io desideravo lavorare di più su un progetto di ricerca applicativo, o quasi.
Allora si può dire che sei venuto nel posto giusto…
Trovo molto interessante il progetto proposto dal dott. Taccola: indagare i meccanismi coinvolti nell’attivazione dei circuiti neuronali che si trovano nel midollo spinale e sono responsabili della locomozione. Inoltre, mi e piaciuta tanto la sua idea dell’utilizzo di un modello di studio innovativo, ovvero l’impiego del midollo spinale intero, sviluppato da Giuliano presso il laboratorio canadese di Edmoton, da utilizzare per lo studio della locomozione con la tecnica del Patch Clamp.
Eri già stato nel laboratorio Spinal mi pare, è anche per questo che sei tornato?
Avevo collaborato con Giuliano durante il mio dottorato con la prof. Ballerini. Dovevamo sviluppare la registrazione da singolo neurone su un midollo spinale intero ma per mancanza di tempo, stava finendo il mio dottorato, non siamo riusciti a portare a termine il progetto.
Allora quando hai finito il tuo impegno a Dublino …
Ho deciso di tornare in Italia e venire al laboratorio Spinal-SISSA, in quanto, oltre al progetto ambizioso che Giuliano vuole realizzare, c’è la volontà di unire la ricerca di laboratorio alla ricerca clinica cosa che a me piace veramente tanto. Trovo importante il fatto che l’obiettivo della ricerca sia di mettere in luce conoscenze che possono essere usate per migliorare le terapie nella riabilitazione da lesione di midollo spinale.
Inoltre, secondo me, il laboratorio Spinal ha un enorme potenzialità dal punto di vista della ricerca.
Spiegami perché dici questo
Innanzitutto nel laboratorio si adoperano quasi tutte le tecniche di elettrofisiologia, e dico quasi tutte perchè oltre a quelle che già utilizziamo come le registrazioni extracellulari, intracellulari, Patch Clamp in due modalità diverse, Voltage Clamp e Current Clamp, si potrebbero effettuare anche le registrazioni da singoli canali ionici. Inoltre si vorrebbe introdurre anche altri tipi di tecniche come la registrazione sui cosidetti biochip (MEA), l’optogenetica e l’immunoistochimica che ci permetterebbero di studiare il funzionamento dei circuiti coinvolti nella locomozione in maniera più completa e dettagliata.
Tu di che cosa ti occupi precisamente?
Io mi occupo della registrazione, da midollo spinale intero, dell’attività elettrica neuronale da una classe di neuroni chiamati interneuroni. Fino a poco tempo fa si poteva registrare solo da fettine di midollo in quanto gli interneuroni sono difficilmente raggiungibili in un midollo intero. Questi interneuroni sembrano avere un ruolo fondamentale nell’attivazione e regolazione dei circuiti spinali responsabili per la locomozione. Siccome in queste reti neuronali esistono diversi tipi di interneuroni, mediante la tecnica di registrazione Patch Clamp dovrò monitorare la trasmissione dei segnali elettrici all’interno dei circuiti spinali e quindi capire il ruolo funzionale che hanno i diversi interneuroni durante la locomozione.
In particolare riuscire a capire come funzionano questi circuiti vuole dire trovare anche un modo per attivarli, quasi come un interruttore. La comprensione di questo meccanismo potrebbe portare a un grosso miglioramento anche nelle terapie riabilitative.
Che sfida!
Eh sì! Dal cervello arriva un segnale elettrochimico che stimola questi neuroni attivandoli, solo che non sappiamo quali sono, e loro attivano tutto il circuito, quasi come un interruttore. Riuscire a trovare questi neuroni vorrebbe dire anche essere in grado di sviluppare stimolatori mirati, più efficienti nella riabilitazione.
Quanti anni hai?
32
Dove abiti?
Mi sono trovato un appartamento a Udine con altri due coinquilini, studenti.
Il sabato sera che cosa fai?
In genere esco con amici.
Che altre cose ti piacciono?
La musica, leggere… mi diverto suonando un po’ la chitarra a casa.