La plasticità dello Spinal Brain

di Giuliano Taccola

Recentemente, nei congressi internazionali e nella letteratura scientifica si sta diffondendo una nuova espressione che indica il midollo spinale non come spinal cord ma come spinal brain: il cervello spinale.
Oggi, infatti, evidenze sperimentali indicano come il midollo spinale sia un distretto del sistema nervoso a cui vanno riconosciute caratteristiche fino ad ora attribuite solo al cervello.
Nel midollo spinale è contenuto un gruppo di cellule nervose in comunicazione tra loro che formano una rete, un circuito, chiamato CPG, che costituisce la parte ‘pensante’ del nostro midollo spinale.
Proprio come il cervello, il CPG infatti è in grado di imparare, dimenticare ed imparare di nuovo.
In particolare il CPG, ovvero il cervello spinale, può elaborare autonomamente informazioni e rispondere a stimoli, può iniziare e modulare automaticamente lo svolgimento di programmi motori stereotipati (camminare, nuotare, andare in bicicletta…), è in grado di memorizzare nuovi compiti ed imparare come migliorare l’esecuzione sulla base di precedenti esperienze (basti pensare al duro e ripetuto allenamento nello sport o nella danza).Il cervello spinale ed il cervello sono accomunati da alcune caratteristiche: la versatilità, la capacità cioè di raggiungere lo stesso risultato in tanti e diversi modi, la plasticità intesa come il poter modificare le connessioni tra le unità che li compongono in risposta a stimoli esterni e la ridondanza, cioè possiedono un numero di elementi di gran lunga superiore a quello strettamente necessario per assicurare le funzioni a cui sono deputati.
Versatilità, ridondanza e plasticità, per meglio comprendere questi concetti proviamo a ricorrere ad un esempio:
poniamo che uno spettatore posto nelle prime file di una platea gremita, desideri far chiudere la porta in fondo alla sala senza voler disturbare l’esecuzione sul palco. Come prima cosa potrebbe sussurrare all’orecchio della persona che ha accanto questo suo desiderio. Questa, a sua volta girerà, lo stesso messaggio ad un vicino il quale, a sua volta, continuerà nella trasmissione del messaggio fino a far giungere alla maschera, in fondo alla sala, la richiesta di chiudere la porta.
Mettiamo poi che pochi minuti dopo il nostro spettatore voglia correggere il suo messaggio chiedendo di accostare e non chiudere la porta. Procederebbe come prima suggerendo sottovoce la sua esortazione. La richiesta raggiungerebbe comunque la maschera ma probabilmente utilizzando una diversa catena di bisbigli tra le molte persone in sala. Infatti dopo il primo messaggio qualcuno potrebbe aver realizzato che la persona alla sua destra non è così affidabile, non ci sente bene, ed allora ne sceglierebbe un’altra tra quelle vicine. Oppure semplicemente spinta dalla fretta potrebbe andare un po’ a caso. Ebbene per chiarire l’esempio, immaginiamo che la sala sia il cervello spinale localizzato nella porzione ventrale del midollo lombare e la richiesta dello spettatore faccia parte del programma (inizialmente) erogato dal CPG.
La persona in fondo alla sala (la maschera) interpreta il ruolo del motoneurone spinale: colui che realizza la volontà di chiudere la porta facendo contrarre i muscoli del braccio, mentre tutti i presenti costituiscono i tanti interneuroni che compongono il CPG.
Per colmare lo spazio tra lo spettatore e la maschera è sufficiente un limitato numero di persone e i presenti in sala sono tanti quindi la comunicazione tra di loro segue una via probabilistica, ogni volta potenzialmente diversa, che può deviare ad ogni nodo della rete. Due successive comunicazioni seguiranno percorsi simili ma difficilmente coinvolgeranno esattamente gli stessi individui.

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Allo stesso modo, è stato dimostrato come durante la locomozione non esistano due passi consecutivi perfettamente uguali e quindi non esistano due passi consecutivi generati dall’attivazione della stessa sequenza di neuroni spinali.
Proseguendo in questa similitudine, può accadere che qualcuno dei presenti lasci la stanza e quindi si vengano a creare degli spazi vuoti proprio come quegli spazi lasciati nel midollo spinale dai neuroni persi in seguito ad una lesione. La progressione del passaparola non è più ugualmente efficiente e rischia di interrompersi.
Nel nostro laboratorio Spinal stiamo proprio cercando di capire questo: Quanti spettatori (neuroni) devono lasciare la sala (il CPG) affinché venga interrotta la comunicazione (e quindi il cammino)? Chi sono i primi ad andarsene? E perché? E’ solo un evento casuale o forse ci sono anelli della catena più importanti di altri per trasmettere le informazioni nel midollo spinale? Sono questi più sensibili ad una lesione? Come possiamo trattenerli al loro posto?
Tornando al nostro paragone, per garantire la progressione del messaggio e raggiungere l’ultimo destinatario anche dopo che alcuni hanno lasciato la sala, potremmo pensare di attuare strategie diverse: per esempio qualcuno seduto dove sono rimasti in molti potrebbe alzarsi ed andare ad occupare quella sedia vuota oppure la persona al di là del posto vuoto potrebbe fare più attenzione così da intendere le parole sussurrate da lontano.
Possiamo indicare questa strategia come plasticità strutturale (o anatomica) nel momento in cui cambiano la disposizione o le caratteristiche di alcune delle persone rimaste in sala.
Un’altra modalità: la persona che non trova facilmente a chi trasmettere il messaggio, messa sotto pressione e ripetutamente stimolata con nuove richieste, per la responsabilità di far giungere l’ordine a destinazione, si guarda meglio intorno e si accorge della presenza un po’ discosta da sé di una persona che non aveva notato prima, che non avrebbe notato diversamente. Oppure potrebbe decidere di affidarsi al vicino, un po’ corto di udito, precedentemente evitato ma ora divenuto indispensabile. In tal caso procederemo a riorganizzare, rimodellare il flusso di informazioni nella sala senza modificare le caratteristiche intrinseche delle persone coinvolte ma piuttosto il modo di comunicare tra loro, la loro connettività (plasticità funzionale).
E’ noto come simili strategie ‘plastiche’ permettano ai neuroni del nostro cervello di sopperire, entro un certo limite, alla perdita fisiologica dovuta all’invecchiamento o successiva ad un trauma cerebrale.
Analogamente, è stato dimostrato che anche lo spinal brain è in grado di attuare questo tipo di azioni per compensare la morte dei neuroni anche se con un’efficienza decisamente minore rispetto al cervello. Questo per alcuni motivi, primo tra i quali il fatto che il CPG sembra essere gerarchicamente organizzato e che quindi vi siano funzioni strategiche che , una volta perdute non possono essere imparate da altri e quindi sostituite.
La forte analogia tra il cervello ed il cervello spinale ha portato di recente all’introduzione, nel campo della neuroriabilitazione motoria, della terapia basata su un intensa attività. E’ lo stesso approccio che viene applicato da molti anni nella riabilitazione di facoltà cerebrali compromesse da un trauma: si stimola ripetutamente il soggetto ad imparare un gesto prima generato da un area lesa del cervello così che altre aree del suo cervello imparino a svolgere il compito.

Le funzioni non verranno ristabilite perfettamente come prima ma si riuscirà comunque a compensare le facoltà perdute.

L’analogo nella neuroriabilitazione motoria consiste nel sottoporre ad un intenso allenamento del cammino su tapis roulant persone che non sono in grado di deambulare autonomamente.
La terapia basata su un’intensa attività è attualmente riservata solo alle persone con lesione incompleta. Il motivo, suggerisce qualcuno, potrebbe essere che in questi casi si è preservata una qualche forma di controllo volontario del CPG. O forse, e questo resta da dimostrare, potremmo scoprire che le lesioni incomplete che mostrano i migliori risultati con l’intenso allenamento del cammino su tapis roulant sono quelle che mantengono un maggior numero od una migliore connettività tra gli elementi che compongono il CPG.
Sfortunatamente, ad oggi, non abbiamo nessun indice diagnostico o di valutazione clinica che ci permetta di conoscere il tipo e il numero di cellule del CPG perse in seguito a lesione semplicemente perché non sappiamo cosa e dove cercare. Compito della ricerca di base sarà, nei prossimi anni, quello di aiutarci a capire il numero ed il tipo di neuroni che sono necessari al funzionamento del nostro cervello spinale e quindi indicarci gli elementi su cui concentrare i nostri sforzi per ottenere un recupero dopo una lesione.
Potremmo spingerci a prospettare (ma sono solo speculazioni che ci fanno intendere solo la portata dell’enorme importanza di questi studi) che, anche in lesioni complete, se si riuscisse a salvare il numero ed il tipo di neuroni del CPG strettamente necessari all’esecuzione del programma locomotorio, si potrebbe indurre cammino dopo intenso esercizio su tapis roulant anche in mancanza di un residuo controllo volontario discendente.

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