di Giuliano Taccola
Enormi e in gran parte inesplorate le capacità del midollo spinale di supplire alle funzioni perse in seguito a lesione, secondo un recente articolo di G. Courtine et al., apparso sulla prestigiosa rivista Nature Medicine, gennaio 2008
Percorrendo l`A4 a molti di noi sarà capitato talvolta di trovarsi davanti grandi pannelli luminosi che segnalano una lunga coda alla barriera di Mestre. Di fronte all’inesorabile ostacolo resta comunque la possibilità di uscire dall’autostrada poco prima del casello, risalire tortuose strade e stradine locali per poi reimmettersi in autostrada al di là del blocco e proseguire così il viaggio.
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Sembra che anche per il midollo spinale si presentino simili possibilità di bypassare l’interruzione causata da una lesione.
Anche nel midollo spinale, infatti, accanto alle autostrade (che mettono direttamente in contatto le cellule encefaliche con i motoneuroni spinali) vi è una fitta trama di stradine: brevi collegamenti, confinati all’interno del midollo, che congiungono tra loro i neuroni spinali: le vie propriospinali.
E’ proprio sfruttando questi sentieri locali che gli impulsi nervosi provenienti dal cervello potrebbero oltrepassare il blocco causato da una lesione spinale per poi reimettersi sulla via principale e giungere a destinazione.
Secondo un recente articolo del gruppo californiano di Reggie Edgerton “Recovery of supraspinal control of stepping via indirect propriospinal relay connections after spinal cord injury”di G. Courtine et al., apparso sul prestigioso Nature Medicine, gennaio 2008, questo è il modo con cui si potrebbero spiegare alcuni dei recuperi spontanei che si osservano in casi di lesione spinale incompleta.
I ricercatori hanno infatti osservato che, sezionando chirurgicamente una metà del midollo spinale di ratto, dopo 2-7 settimane l’animale mostrava un discreto recupero della motilità e del controllo dell’arto plegico. E’ stato dimostrato che questo recupero è una conseguenza dell’utilizzo delle vie propriospinali che, attraversando la metà del midollo non lesionata, ricongiungono le due estremità separate.
La conferma di tale comportamento viene dai successivi esperimenti: danneggiando selettivamente le vie propriospinali, tramite l’iniezione localizzata di una sostanza neurotossica, il recupero acquisito si perde.
Fino ad ora molti dei recuperi spontanei sono stati ascritti all’esistenza di fibre rimaste intatte che attraversano il sito di lesione, mentre questo studio avvalora la tesi secondo la quale siano i cambiamenti plastici, che avvengono all’interno di tutto il midollo spinale, i responsabili dei miglioramenti nei primi mesi dopo una mielolesione.
Questo risultato ribadisce le enormi e in gran parte inesplorate capacità del midollo spinale di supplire alle funzioni perse in seguito a lesione e riporta la giusta attenzione sull’importanza di definire i protocolli riabilitativi per poter utilizzare quanto di utile sia rimasto all’interno del midollo dopo un trauma.
Sfortunatamente, ad oggi, poco si conosce su come indirizzare selettivamente la neuroriabilitazione per massimizzare le capacità intrinseche del midollo spinale.
Riassumendo:
sembrerebbe che in molti casi la soluzione della mielolesione stia all’interno del midollo spinale stesso ma abbia bisogno di una terapia fisica mirata al raggiungimento di cambiamenti microscopici della connessione delle cellule spinali: modificazioni a livello cellulare che solo la ricerca di base, condotta su preparati sperimentali, ci può indicare con precisione.
febbraio 2008