Un’intervista alla dott. Emiliana Bizzarini
È stato un congresso interessante, c’era gente da tutto il mondo, circa 1200 partecipanti e un contesto unico: Firenze.
C’erano moltissime persone in carrozzina alla presentazione del congresso nel salone dei 500 a Palazzo Vecchio che è stata veramente suggestiva per la cornice e la commovente prolusione del dott. John F. Ditunno che ha ripercorso la storia dell’ISCOS. C’erano molte persone in carrozzina venute da tutto il mondo, anche medici con mielolesione tra cui una donna primario con tetraplegia e poi c’erano tutti i toscani.
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Durante il congresso sono state presentate novità nella riabilitazione o nei trial clinici?
Dalle relazioni e studi presentati ho notato un profondo cambiamento: si sta modificando l’atteggiamento nei confronti della lesione midollare da un punto di vista clinico nel senso che si sta cercando di studiare sempre di più e dare sempre più importanza al sistema nervoso autonomico, simpatico e parasimpatico.
Potresti spiegare che cos’è e qual è la sua funzione?
La lesione midollare comporta una compromissione oltre ai neuroni di moto e sensitivi anche di un’altra parte del sistema nervoso che viene detto autonomo o autonomico che riguarda per la gran parte le funzioni vegetative. A titolo di esempio il sistema Simpatico fa aumentare la frequenza cardiaca, fa aumentare la pressione ed entra in gioco nei comportamenti di fuga e ansia; il sistema Parasimpatico di contro fa abbassare la frequenza cardiaca, riduce la pressione… Il Simpatico è collocato a livello toracico e lombare, il Parasimpatico a livello cervicale e sacrale.
Il sistema nervoso autonomico ha un ruolo importante nell’attività fisica perché regola la frequenza cardiaca proporzionalmente al carico di lavoro. Se c’è una lesione di questi due sistemi la risposta all’esercizio è alterata. Faccio un esempio: il Simpatico innerva il cuore tra T1 e T5, se c’è una lesione sopra T6 vuol dire che viene compromessa la capacità di incrementare in misura adeguata la frequenza cardiaca e la performance risulterà quindi ridotta.
Per ritornare a quanto dicevo della nuova attenzione al sistema autonomo, si è proposto (oltre alla classica scala di valutazione della lesione midollare chiamata ASIA) di valutare sin in fase post-acuta se c’è una alterazione del sistema autonomo: verificare, per esempio, se c’è una alterazione della termoregolazione, se è compromessa la sudorazione, com’è la risposta della frequenza cardiaca, come è la ventilazione. Tutti aspetti che prendevamo in considerazione ma non seguivamo nel tempo.
Questa nuova consapevolezza modificherà il programma riabilitativo?
Certamente: nel momento in cui definisci un programma riabilitativo devi essere in grado di definire quale carico di lavoro è ideale per quel paziente.
Consente quindi di ottenere il massimo da ciascuno?
Sì. Va detto che noi lo facciamo già: testando per ogni persona quale sforzo è in grado di tollerare. Ogni persona è molto diversa dall’altra quindi non si può proporre un programma standardizzato, per ogni persona c’è una gamma infinita di variabili quindi il programma deve essere individualizzato: conoscere la risposta cardiaca, sapere se c’è una compromissione della risposta a un certo tipo di esercizio, se la persona ha una termoregolazione significativamente alterata.
Per i miei pregressi di medico sportivo ho molto gradito la proposta di dare più importanza allo studio del sistema autonomico proprio perché a me piace valutare la fisiologia, studiare le risposte all’esercizio (nell’abstract (riassunto) del poster di un partecipante canadese c’è la proposta di inserire la valutazione del sistema autonomo nelle classificazioni dell’attività sportiva).
Credo che attraverso questa metodologia si possa ottenere molto di più nella riabilitazione…
Senz’altro. C’è inoltre la richiesta, a fronte di una necessità di standardizzare le diverse scale utilizzate, di cercare di adottare tutti le stesse modalità anche per testare il singolo muscolo, la sua forza. È convinzione comune che vada praticata una riabilitazione intensiva e che vada ricercato un accordo per utilizzare le stesse metodiche in modo da ottenere dati confrontabili.
Da questo congresso ISCoS ti porti a casa suggestioni, idee per il tuo lavoro?
È senz’altro molto stimolante confrontarsi con le realtà più significative del tuo settore e, anche se non sono emerse grosse novità, fa piacere trovare conferme che quello che stai facendo è quello che fanno anche gli altri e che quindi la direzione scelta è quella giusta cioè il cammino in sospensione di carico, l’elettrostimolazione funzionale e, ma ancora agli inizi, l’utilizzo della realtà virtuale.
Di veramente nuovo è l’utilizzo dell’esoscheletro, un sistema robotizzato che riveste la persona come una sorta di tuta rigida, ne uscirà uno in gennaio e pare che il peso sarà notevolmente ridotto, mi pare si aggirerà attorno ai 12 chili, rispetto alle precedenti apparecchiature per le quali la problematica principale era proprio il peso. Nel prossimo congresso annuale della SOMIPAR che si terrà a marzo a Palermo, ci sarà una sessione apposita sull’argomento e il dott. Molteni parlerà propriamente dell’utilizzo dell’esoscheletro.
Avete presentato un vostro poster?
Abbiamo presentato il lavoro sulla plasticità corticale (vedi l’articolo sul numero 27 di giugno 2009 El Cochecito) che ha ottenuto molta attenzione e si è meritato l’esposizione orale con un tempo piuttosto lungo, 15 minuti. Ci hanno fatto tante domande, soprattutto medici di altri paesi, in particolare sulla metodica del training. Anche John Steeves mi ha fatto domande sulle modalità dello studio.
Abstract: La plasticità Corticale dopo allenamento alla deambulazione con Stimolazione Elettrica Funzionale (SEF) e sospensione di carico (BWSTT) nelle persone con lesione midollare:
Authors: Emiliana Bizzarini, Serena D’Agostini, Cristina De Colle, Giuliana De Maio, Paolo Di Benedetto, Elisa Fabbro, Marta Maieron, Chiara Pinzini, Barbara Tomasino, Cosimo Urgesi, Giulio Vezzio, Luca Weis, Agostino Zampa.
pubblicato sul n.30 El Cochecito dicembre 2009