A quattro anni dalla prima pubblicazione di un lavoro scientifico con i dati raccolti nel laboratorio Spinal di Udine, Giuliano Taccola fa il punto sul lavoro di ricerca del laboratorio e sulla organizzazione che ha dato del gruppo di ricerca.“Preferisco che ciascuno (dottorandi, borsisti post laurea e laureandi) segua un proprio progetto, è una questione importante anche perché in questo modo il lavoro può restituire più soddisfazione e offrire maggiore capacità di gestione autonoma del proprio studio. Spinal vuole formare giovani scienziati che si appassionino allo studio della fisiopatologia del midollo spinale ed in futuro possano trovare nuove e valide soluzioni. Lavorare con responsabilità li aiuta a crescere in questa prospettiva.
Tutti i progetti confluiscono nel grande capitolo che il lab. Spinal di Udine si è proposto di affrontare cioè metodi e strategie per sfruttare il Central Pattern Generator dopo una lesione spinale per riattivare le reti neuronali sottolesionali e limitare il danno funzionale. Il lavoro è focalizzato nello studio dei meccanismi che sostengono un’eventuale recupero dopo una lesione spinale utilizzando preparazioni biologiche in vitro. Questi modelli di studio permettono di estrapolare gli elementi di base del funzionamento del midollo spinale, ad oggi, ancora in gran parte sconosciuti. Infatti, il motore della locomozione nel midollo spinale, una complessa rete di neuroni chiamata Central Pattern Generator, in molte lesioni anche croniche si trova disconnesso dagli input volontari e per questo rimane “addormentato, in stand by”: si tratta quindi di utilizzare ciò che rimane, le informazioni che sono ancora contenute nel CPG per cercare di riattivarne almeno in parte le funzioni. Cerchiamo di trovare le strategie per accedere alle informazioni residue poste a livello lombare con le quali non è più possibile dialogare perché l’integrità delle fibre può essere stata compromessa. Si sta affermando il concetto che le diverse modalità con cui possiamo stimolare il CPG dopo la lesione spinale in realtà possano avere un valore sinergico, quindi se combinati possano avere un effetto superiore alle singole modalità di accesso. Le modalità sono la stimolazione elettrica del midollo spinale o delle afferenze periferiche e la stimolazione farmacologica, ovvero la somministrazione di farmaci. Si tratta di studiare meglio che significato hanno le sostanze endogene del Sistema Nervoso Centrale a livello del CPG e quindi quali poter applicare dall’esterno per aumentare la funzionalità del network. La terza importante strategia di intervento riguarda la stimolazione maccanica, ovvero la riabilitazione: la mobilitazione assistita del passo può rieducare il CPG a fare quello che faceva prima della lesione spinale? a risvegliarsi? Tutto questo lavoro si svolge nella convinzione che il recupero del programma locomotorio può restituire benefici alla persona con lesione, anche se sappiamo che la locomozione è qualcosa di più complesso del semplice muovere le gambe in maniera alternata. La locomozione in un ambiente reale prevede soprattutto il mantenimento della stazione eretta, il recupero dei sistemi di compenso istantaneo, automatico dopo lo sbilanciamento e tutta un’altra serie di situazioni dinamiche. Se riusciamo però a capire come riattivare il network per la locomozione probabilmente siamo già a metà strada, avremmo infatti imparato un linguaggio da estendere anche a tutti gli altri network del midollo spinale che hanno subito una simile disconnessione dopo una lesione spinale. La nostra è una modalità per cercare di capire come le cellule del midollo spinale parlino tra loro, come fluisca l’informazione e come si organizzino per elaborare un segnale ritmico in uscita. Noi ci concentriamo sul network locomotorio ma abbiamo la consapevolezza che non basta far funzionare quei neuroni per camminare e non basta camminare per arginare la disabilità di una lesione spinale. E’ vero che più riusciamo a capire come riattivare una funzione dopo una lesione spinale tanto più potremmo ragionevolmente sperare, per esempio, di ottenere e recuperare altri tipi di funzioni: viscerali, autonomiche… compromesse da una lesione.Ovviamente ci deve essere tutta una comunità scientifica intorno che affronta il problema da diversi punti di vista e condivide le proprie osservazioni. Ecco perchè è importante comunicare i risultati ottenuti pubblicando su riviste scientifiche, partecipando, quando possibile, a meetings e congressi ma anche mantenere questo blog per informare gli interessati che stiamo lavorando in stretta relazione a molti altri scienziati che si muovono in questo campo. Qui il nostro lavoro sfuma, mentre vorremmo passare il testimone a qualcuno nel mondo che ha responsabilità cliniche per verificare la reale applicabilità terapeutica delle nostre osservazioni. Questo è però il passaggio più delicato (chiamato traslazione) e su cui si concentrano, al momento, le maggiori attenzioni mondiali tanto da individuare la necessità di formare un nuovo profilo di scienziati a ponte tra le scienze di base e la medicina e che abbiano le competenze per scovare nella ricerca di base ciò che potrebbe esserci di utile per la terapia. Ho l’impressione che ogni giorno al mondo, in questa ipotetica staffetta, troppo spesso, il testimone cada vanificando gli sforzi della ricerca di base e limitando la possibilità di introdurre nuove cure. Riassumendo: da un punto di vista scientifico le tre modalità di stimolazione del CPG sono quelle su cui ci muoviamo attualmente e ognuno dei progetti che si stanno seguendo in laboratorio ha una particolare specificità in questo contesto. Dal punto di vista organizzativo, il mio ruolo in questi anni è stato quello di proporre alcune mie idee che ho già preliminarmente testato come fattibili ed interessanti con dei miei esperimenti. Quindi affidare queste mie ‘creature’ agli studenti e coordinarli e supervisionarli nel lavoro sperimentale e nell’analisi. E’ bello vedere come le idee iniziali vengano arricchite dai loro esperimenti e dall’apporto critico personale degli studenti. Molte poi sono le occasioni in cui le persone lavorano insieme e mettiamo insieme le esperienze dei singoli progetti per valutare un eventuale effetto additivo, sinergico delle scoperte di ciascuno.
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