L’esperienza di Martina: dalla palestra al laboratorio e ritorno

Martina il giorno della laurea

 

Martina Delle Vedove il 19 dicembre 2012 ha discusso la tesi di laurea specialistica in Scienze della riabilitazione. Una tesi sperimentale svolta presso il Laboratorio Spinal.

Mi sono laureata in fisioterapia nel 2007 e poi ho incominciato a lavorare.
Nel 2010 ho deciso di continuare il percorso di studio e ho deciso di fare la laurea specialistica in Scienze della Riabilitazione. E’ un completamento degli studi del triennio e quindi è una laurea magistrale. Ti da la possibilità di accedere all’insegnamento, alla ricerca (ti consente di fare il dottorato di ricerca) oppure puoi accedere ai concorsi per dirigente nell’ambito della riabilitazione. Acquisisci competenze nell’ambito teorico-organizzativo.
Diversamente dal triennio non ci sono lezioni di tipo pratico che riguardano la fisioterapia, ci sono stati degli aggiornamenti nell’ambito delle neuroscienze come ad esempio nel campo della plasticità dei tessuti dei sistemi del corpo… tra l’altro anche il dott. Taccola ci aveva tenuto un corso sulla plasticità del sistema nervoso centrale ed è stato in quell’occasione che ho avuto il modo di conoscerlo.

E’ così che sei approdata al laboratorio Spinal?
Sì, il dott. Taccola aveva proposto, a chi ne fosse interessato, una visita al laboratorio. Ho deciso di aderire perché ero curiosa di capire come si lavora nella ricerca di base, sul preparato, sulla singola cellula, sulle fibre nervose. E’ proprio a partire dal mio interesse che il dott. Taccola si è sentito di propormi una tesi. Il dott. Taccola è un forte sostenitore della collaborazione tra ricerca e riabilitazione clinica. Così ho incominciato a frequentare il laboratorio, prima per fare un tirocinio poi per fare la tesi che si intitola “Un nuovo protocollo di elettrostimolazione del Central Pattern Generator per la locomozione”.
Ho affiancato il dott. Taccola in un progetto che sta realizzando e riguarda le onde di elettrostimolazione del midollo spinale in vitro ovviamente con l’obiettivo di applicarla anche nell’ambito clinico.

Stai parlando dell’onda Flistim scoperta da Giuliano Taccola?
Esatto, solo che la particolarità dello studio che ho condotto è stata quella di ottenere le onde Flistim campionando il cammino dell’uomo a velocità libera e valutato con la gait analysis (letteralmente studio del passo, dell’andatura, della camminata) che è un sistema utilizzato dai fisioterapisti per valutare il cammino sia nei soggetti sani che nei soggetti con patologie. E’ stata fatta l’analisi cinematica, cioè si è valutato come si spostano i segmenti corporei nello spazio quando una persona cammina, e l’analisi elettromiografica che valuta l’attività muscolare durante il cammino. Da questi due segnali, uno derivato dall’analisi cinematica e uno dall’analisi elettromiografica, sono derivati due protocolli Flistim, onde rumorose, e applicate poi al CPG di midollo spinale di roditore in vitro.

Martina in laboratorio con Giuliano Taccola

Ma tu che cosa hai fatto precisamente in laboratorio?
La mia è stata una tesi sperimentale per cui ho affrontato principalmente la parte della ricerca di laboratorio con l’ipotesi della sua applicazione clinica. Ho seguito il dott. Taccola durante tutte le fasi di preparazione di set up, di registrazione, dall’analisi dei tracciati alla loro applicazione, insieme abbiamo visto i risultati e li abbiamo commentati, discussi. Mi sono ritrovata calata nell’ambito del laboratorio, ho dovuto uscire dal mio ruolo di fisioterapista per capire cosa succede nell’ambito della ricerca.

Quanto importante può essere un simile percorso per il lavoro di un fisioterapista impegnato nella riabilitazione?
Prima di tutto ti deve piacere per poter superare le difficoltà iniziali: io mi sono trovata un bel po’ spaesata tra microscopi, set up e programmi molto diversi dal mio ambito di lavoro. E però è molto affascinante perché mi sono ritrovata a guardare le cose nel dettaglio, da un punto di vista sempre più piccolo. Io sono abituata a vedere le cose in generale, il funzionamento globale. E’ invece molto interessante vedere che cosa succede alla base e come si possono modificare nel piccolo cose che poi si trasferiscono nel funzionamento globale della persona.

Questa conoscenza, consapevolezza, ha cambiato l’approccio che hai nella riabilitazione?
Sicuramente mi ha resa più consapevole di certe cose e di come sia importante tutto quello che c’è dietro il lavoro di laboratorio. Si pensa che siano due figure incompatibili: il fisioterapista sta con la persona, il ricercatore sta con le sue cellule. In realtà ci sono tantissimi elementi in comune e così come tante domande vengono a me fisioterapista quando vedo che cosa fanno in laboratorio così anche chi lavora in laboratorio può chiedersi “io faccio queste cose però poi in ambito clinico ci potranno essere ripercussioni utili?” Quindi è una collaborazione che va sostenuta.

Hai esempi da fare di quanto hai appena detto? Problemi e domande che possono sorgere e che possono trovare risposta solo nel collegamento tra ricerca di base e lavoro clinico?
Quando si passa all’applicazione di quanto si è studiato in laboratorio credo possano emergere una quantità di variabili quante sono le persone, sempre diverse. C’è un continuo porsi delle domande anche da parte di chi si trova ad applicare quanto scoperto in laboratorio E’ una modalità di lavoro che implica un confronto continuo.

Tornando alla tesi, in fase di discussione è stata apprezzata nella sua novità?
E’ stata molto apprezzata. Mi ero chiesta quanto si sarebbe capito di quello che avrei esposto vista l’estraneità dell’argomento invece ho ricevuto un sacco di congratulazioni per l’iniziativa.

Non rientra in alcun modo nei tuoi progetti per il futuro occuparti della riabilitazione delle persone con lesione al midollo spinale?
Nell’ambiente in cui lavoro attualmente non ho la possibilità di seguire questo tipo di riabilitazione, in futuro non si sa…

Che cosa farai da grande?
Spero di continuare a fare la fisioterapista perché è un lavoro che mi piace ma vorrei fare anche qualcosa in più, mi piacerebbe continuare a fare ricerca, continuare a pormi delle domande, valutare nuovi trattamenti, far parte di progetti di studio che prevedano ricerca concreta in ambito clinico

E’ stata una esperienza particolare, interessante. All’inizio non è stato facile ma la costante disponibilità del dott. Taccola e degli altri ricercatori a darmi ogni spiegazione e ad accogliere ogni mia perplessità mi ha consentito di fare un percorso, di conoscere una realtà che prima mi era estranea e ho avuto la possibilità di far parte di una squadra molto motivata, molto collaborativa e dotata di grande entusiasmo. Forse mi aspettavo un ambiente un po’ chiuso, serioso… no, è un bellissimo ambiente e mi sono trovata molto bene. Nessuno si è chiesto “che cosa ci fa una fisioterapista qua?”!
Fare ricerca non è partire da un progetto e avere la certezza di arrivare all’obiettivo ma significa raccogliere molti dati, fare molta ricerca sulla letteratura relativa all’oggetto, considerare moltissimi fattori prima di iniziare e poi, alla fine, può anche non funzionare. Ti ritrovi ad avere molti dati, molti articoli che rimangono, per così dire, in sospeso, per altri ed eventuali futuri progetti.
Ho provato le difficoltà e gli ostacoli che ci sono nel lavoro di ricerca ma anche tutto l’entusiasmo e la soddisfazione quando si arriva ad un risultato.

La frase che chiude la sua tesi :

“La collaborazione tra la ricerca di base, condotta su preparati sperimentali in laboratorio, e la ricerca clinica, condotta con trattamenti all’avanguardia sull’uomo, insieme alla formazione di una nuova figura di Fisioterapista in grado di possedere le conoscenze necessarie per trasferire in clinica le più attuali scoperte delle Neuroscienze, costituiscono presupposti fondamentali per poter affrontare le sfide della moderna Neuroriabilitazione”.

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