Giuliano Taccola: Sono stato per tutto il mese di maggio all’Université Catholique de Louvain, più precisamente ho lavorato a IONS, Istituto di Neuroscienze,con il gruppo di Neurofarmacologia.
Abbiamo fatto diverse cose presso il laboratorio del prof. Emmanuel Hermans. All’interno di questo laboratorio Ronald Deumens, con cui oramai esiste una consolidata collaborazione, ha ampi margini di autonomia e gestisce personalmente alcune linee di ricerca tra cui la riparazione del nervo periferico. Ronald ha una grande esperienza sulla chirurgia dei modelli preclinici.
Ho avuto la possibilità di testare su modelli preclinici alcune nostre osservazioni, frutto del lavoro condotto in questi anni utilizzando preparazioni in vitro. Mi riferisco principalmente all’utilizzo di particolari protocolli di stimolazione elettrica. Avevo portato con me lo stimolatore programmabile e tutti i nostri file, quindi tutta la nostra batteria di protocolli, per valutarne l’efficacia in modelli preclinici stimolando direttamente il midollo spinale o studiare quale effetto possa avere nella riparazione e nel recupero del nervo periferico dopo una lesione sperimentale.
Rappresenta per me la fase conclusiva per validare una gran mole di lavoro sperimentale svolta qui ad Udine negli ultimi tre anni, avvicinarsi a sistemi più complessi dove mettere alla prova le intuizioni sviluppate e perfezionate dai nostri studi di base. Se gli interessanti dati preliminari raccolti fossero confermati da altri esperimenti si potrebbe pensare di proporre il passaggio successivo: l’utilizzo clinico sperimentale.
Purtroppo proprio questa fase, che rappresenta il momento cruciale per verificare la validità di innovativi protocolli sperimentali nati dagli studi di base, non è sostenuta doverosamente ed è in gran parte riservata al mio solo entusiasmo, la mia voglia di fare e la mia disponibilità volontaria.
R.T. E’ un peccato che coloro che hanno sostenuto le tue ricerche in vitro non si mobilitino per un sostegno, anche più deciso, proprio ora che si tratterebbe di verificare l’efficacia delle vostre soluzioni in modelli sperimentali più vicini alle lesioni umane. Mi sarei aspettata un’attenzione particolare a questo tipo di applicazioni da parte delle persone mielolese.
Di quanto emerso in laboratorio a Bruxelles si può solo parlare di risultati preliminari ma interessanti: abbiamo avuto la conferma che osservazioni raccolte nei nostri modelli possono avere una reale applicabilità in un sistema più complesso come un sistema preclinico. Nello stesso tempo hanno aperto promettenti sviluppi anche in altri ambiti (riparazione del nervo periferico).
E’ una fase in cui sto cercando di valutare la possibilità di applicare il protocollo di stimolazione di onde rumorose anche in distretti e situazioni diverse dal midollo spinale. Per esempio con l’Università di Trieste abbiamo effettuato uno studio sull’effetto di questi protocolli nell’indurre la contrazione muscolare delle cellule muscolari in vitro. Questo è un versante diverso dal midollo spinale.
L’efficacia di questo strumento di stimolazione che noi vogliamo orientare principalmente al recupero motorio, l’attivazione del CPG (Central Pattern Generator) dopo lesione, potrebbe rivelare qualche regola, qualche meccanismo di base, l’importanza del rumore inteso come intrinseca variabilità in ogni situazione in cui viene utilizzata la stimolazione elettrica e non solo elettrica. Quindi gli stessi protocolli che abbiamo utilizzato per la stimolazione del midollo spinale e abbiamo testato essere così efficienti rispetto ai protocolli tradizionali, potrebbero rivelarsi, e così sembra dai nostri dati preliminari, utili e applicabili anche in altri contesti.
Se da un lato, dopo aver ottenuto entusiasmanti risultati preliminari nel laboratorio di UCL, ci attende l’affinamento delle tecnologie di stimolazione chirurgica, nel frattempo, nel laboratorio Spinal stiamo trovando cose ancora migliori, protocolli di stimolazione che possono essere ancora più efficaci che utilizzano solo alcune delle selezionate frequenze, con la possibilità di associarli a farmaci. Questo è il nostro lavoro e credo che possiamo fare ancora meglio.
Abbiamo avuto un contatto con un chirurgo anestesiologo dell’ospedale di Bruxelles che utilizza la stimolazione epidurale per il controllo del dolore cronico non solo da lesione spinale. Ci ha dato un elettrodo che loro utilizzano in clinica, da provare sui nostri modelli. Ha funzionato discretamente malgrado fosse ovviamente di dimensioni eccessive rispetto al nostro modello. Se ne avessimo un così, un po’ più piccolo, sicuramente riusciremmo meglio ad apprezzare l’efficacia di nuovi protocolli sperimentali.
C’è stata la possibilità di condividere di discutere, di parlare di progettualità anche con i chirurghi dell’anestesiologia dell’ospedale. E’ stato sorprendente trovare tanti giovani chirurghi che lavorano con responsabilità e indipendenza. Giovani, intraprendenti che vengono valutati, oltre che per le loro capacità cliniche e chirurgiche, anche per la ricerca e l’innovazione che sanno introdurre negli ospedali dove lavorano. La loro formazione è orientata alla ricerca, anche per questo sono così interessati ad entrare in contatto con ricercatori di base. E’ uno degli aspetti più belli di cui spesso Ronald mi parla: la ricchezza dell’UCL, al di là della massa critica scientifica, è la possibilità di condividere e di trovare tanti ricercatori clinici interessanti e interessati al lavoro di ricerca di base. Ronald ha potuto partecipare a sessioni chirurgiche, ha avuto la possibilità come ricercatore di valutare e affrontare alcune osservazioni.
Com’è andata la tua presentazione?
E’ stata una cosa molto importante, un momento di visibilità in una istituzione molto prestigiosa. Con Ronald abbiamo organizzato un workshop diretto un po’ a tutti: studenti di dottorato ma anche a post doc, a persone che lavorano presso l’istituto che non si occupano di elettrofisiologia ma di biologia molecolare. Abbiamo organizzato la presentazione, prevista in due giornate, dividendola in momenti diversi: dapprima un mio seminario orientato su una delle più importanti linee di ricerca che ho seguito e seguiamo qui a Udine: la stimolazione elettrica con nuovi protocolli. Ho ripercorso le tappe degli ultimi tre anni sulla base dei lavori pubblicati. Il giorno successivo è stato dedicato proprio ad affrontare gli elementi di base di elettrofisiologia, in una lezione al mattino di due ore, seguita da un workshop, quindi una parte pratica, nel primo pomeriggio e poi un’altra ora e mezza teorica a conclusione.
C’erano diversi professori dell’istituto in particolare durante la presentazione che era molto ricca di contributi filmati, foto e descrizioni anche del set up di elettrofisiologia: l’attrezzatura e la preparazione che utilizziamo e poi la descrizione dei principali metodi di analisi che adoperiamo per valutare i nostri risultati. Nella sessione pratica c’erano due postazioni: una in cui illustravo il nostro modello in vitro, nell’altra postazione Ronald dimostrava la stimolazione elettrica in modelli preclinici.
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Nell’ultima sessione, teorica, mi sono focalizzato su che cosa stiamo facendo e che cosa abbiamo fatto con questa tecnica e con questo preparato. E’ sembrato essere molto interessante, la risposta è stata buona anche perché non avevano mai seguito argomenti simili. Ci sono state molte domande dopo la presentazione e una discussione dopo la parte finale, mentre, durante il workshop, l’interlocuzione si è svolta in forma più dialettica e interattiva.
La nostra collaborazione ne è risultata rafforzata tanto che a luglio verrà qui uno dei loro studenti per trascorrere un mese in laboratorio. Seguirà principalmente quello che facciamo, in particolare è interessato ad alcuni risultati su cui si concentra anche la tesi di Giulia: lo studio di un particolare bersaglio farmacologico che potrebbe rivelarsi utile.
La sua presenza porterà nuove conoscenze tecniche e scientifiche nel nostro laboratorio in particolare lo studio del recupero di funzioni dopo le lesioni dei nervi periferici, un argomento che mostra importanti collegamenti con il recupero dopo il danno spinale.
E’ un argomento che può diventare interessante per il laboratorio Spinal?
Siamo sempre nell’ambito di una forma di deficit neuromotorio. Noi stimoliamo elettricamente un nervo però il dubbio rimane sempre: che cosa arriva effettivamente al midollo? E stimolando elettricamente un nervo che ha subito lesioni? Quindi conoscere meglio la fisiologia del nervo periferico ci può aiutare a capire come questi organi di trasmissione, in qualche caso, possano funzionare anche come filtro. Trovo sia molto interessante.